“Cleve” Backster è nato Grover Cleveland Backster Jr, il 27 febbraio 1924 a Lafayette, nel New Jersey ed è morto a San Diego, in California, il 24 giugno 2013 all'età di 89 anni. Iscritto alla Rutgers Prep School di New Brunswick, nel New Jersey, passò poi alla Franklin e alla Marshall Academy di Lancaster, in Pennsylvania.
Dopo la laurea, frequentò la Texas University, con l'intenzione di specializzarsi in ingegneria civile. In seguito al bombardamento di Pearl Harbor, nel 1941, si trasferì, inserendosi in un programma di formazione A&M in Texas, dove cambiò la sua specializzazione in psicologia.
Fu selezionato per frequentare il Middlebury College nel Vermont, poi gestito dal programma V-12 dell'US Navy, dove continuò gli studi di psicologia, prestando servizio in marina durante la guerra, fino al congedo nel 1946.
Poco dopo si arruolò nell'US Army Counter Intelligence (controspionaggio) Corps (CIC), diventando istruttore di tecniche d'interrogatorio che includevano lezioni d'ipnosi, suo particolare interesse. Attirando l'attenzione di un generale, sul potenziale dell'ipnosi per lo spionaggio, divenne uno specialista in tecniche di ipno e narco-interrogatorio, iniziando a studiare, particolarmente, gli usi dell'ipnotismo in medicina.
Dopo aver lasciato il CIC nel 1948, Backster iniziò a lavorare alla CIA di Washington, DC. Qui sviluppò un interesse particolare per l'uso del poligrafo, sotto la guida di Leonarde Keeler, uno dei suoi sviluppatori originali, fino a diventare direttore del “Keeler Polygraph Institute” di Chicago, dopo la morte di Keeler, continuando a ricoprire tale carica coinvolto nella formazione di organizzazioni private.
Fondò poi la propria attività di consulente commerciale sull'uso del poligrafo a Washington DC e Baltimora, MD. Nel 1959, tornò a New York, dove fondò quella che alla fine sarebbe diventata la “Backster School of Lie Detection”, tuttora attiva.
Durante questo periodo si affermò come esperto nel campo dell'uso dei poligrafi, prestando servizio, per otto anni consecutivi, come presidente del comitato di ricerca dell'Accademia per l'interrogazione scientifica.
Nel 1965, fondò la “Backster Research Foundation”, con l'obiettivo di “condurre ricerche sull'avanzamento della tecnica del poligrafo e il miglioramento della strumentazione ”. 1)
L'anno seguente, (per caso e non per “ispirazione derivante dagli studi “dell'intoccabile” 2) Sir Jagadish Chandra Bose”, come erroneamente molti sostengono), esattamente la mattina del 2 febbraio 1966, quando il poligrafo che stava utilizzando segnava 13 minuti e 55 secondi dall’inizio di una seduta, aveva minacciato il benessere del soggetto, nella speranza di suscitare una reazione. Il soggetto ebbe una reazione elettrochimica alla minaccia. Ma il soggetto era una pianta. 3)
Nacque così, sulla scia di tanti altri che l'avevano preceduto, una (ri)scoperta (l’arte ormai perduta degli antichi druidi) che cambiò per sempre il maggiore interesse della sua vita e che impone una ridefinizione della coscienza. La sua ricerca, su quello che è stato poi definito “The Backster Effect”, che ha attirato l'attenzione di tutto il mondo, è apparsa in un articolo sull'International Journal of Parapsychology (1968), nel libro di Peter Tomkins e Christopher Bird “The Secret Life of Plants” (1973) e in un altro libro, “The Secret Life of Your Cells” di Robert Stone (1997), per culminare nel suo unico libro “Primary Perception”, pubblicato nel 2003.
Wikipedia, in ogni lingua, ormai è citata come un'autorità enciclopedica, giacché si ritiene erroneamente che sia “affidabile” e, “falsamente nei fatti”, neutrale come afferma d'essere, anche perché nessuno verifica il suo background. Nelle sue “Linee Guida”, per esempio nella Versione in lingua tedesca, è specificato: «Wikipedia non ha spazio per attacchi contro le persone descritte negli articoli». Non è certo dello stesso ordine d'idee, concordando con la nostra linea critica, la londinese PSI-Encyclopedia 4) che denuncia apertamente: «Negli ultimi anni questo conflitto si è diffuso su Internet, in particolare l'enciclopedia libera Wikipedia, in cui i redattori ostili alla “scienza di frontiera” modificano sistematicamente articoli sulla ricerca psi per renderli conformi al loro punto di vista. Di conseguenza, gli articoli che sono stati originariamente scritti da esperti, sono stati alterati con affermazioni e asserzioni fuorvianti».
Nella pagina di Wikipedia 5) in lingua inglese, dedicata a Backster, nonostante le affermazioni sulla neutralità, gli attacchi non mancano, anche se l'accanimento è meno plateale rispetto a quello riscontrato su Kervran che ha scatenato le nostre giuste rimostranze.
Prendiamo in esame due punti ricopiandoli esattamente come scritti, compresi i link: «[…] and Research Center founded by Hiroshi Motoyama which is unaccredited [Citazione richiamata 3] ([…] e del Centro di ricerca fondato da Hiroshi Motoyama che non è accreditato)» 6) e «Controlled experiments that have attempted to replicate Backster's findings have failed, [Citazioni richiamate 13-14-15] and the theory was not accepted since it did not follow the scientific method [Citazioni richiamate 10-16] (Gli esperimenti controllati che hanno tentato di replicare le scoperte di Backster sono falliti, e la teoria non è stata accettata poiché non ha seguito il metodo scientifico)».
Ora, dovremmo chiederci: chi controlla l'affidabilità di quanti sono citati nelle fonti? In fondo e, generalmente, si tratta di giudizi personali la maggior parte riportati, per sentito dire, su libri e/o articoli privi dei dovuti sostegni scientifici, o della necessaria apertura mentale, laddove si tratti di “scienza di frontiera” che potrebbe abbisognare di: nuovi metodi di riscontro (non come la vecchia scienza vorrebbe) e controllo. Occorre anche tenere presente che «la sperimentazione, in fisica quantistica, ci dà la certezza circa le facoltà del nostro pensiero e delle nostre convinzioni di creare/modificare la realtà, debellando l’assunto della scienza ordinaria, secondo cui la dimostrazione di un evento debba essere costante e ripetibile nel tempo. Lo sperimentatore, infatti, entrando in simbiosi con l’oggetto sperimentato, ne altera continuamente lo stato in base alle sue aspettative». 7)
Senza innescare una sterile e noiosa polemica, ognuno può approfondire in base alle fonti citate, riscontrando direttamente che, o sono baggianate, come il richiamato “Dizionario degli scettici” (Citazione 3), oppure chi ha citato le restanti (Citazioni 10-13-14-15-16) non ha letto i contenuti, estrapolando solo ciò che gli interessava per diffamare apertamente le ricerche di Backster. Al più che le stesse fonti si dimostrano aperte, lungimiranti ed emotivamente coinvolte nei confronti di queste ricerche (per esempio Mark Pilkington [Citazione 10] che chiude il suo articolo pubblicato su “The Guardian” con: «In ogni caso, l'idea di Backster è sbocciata e fiorita ed è improbabile che muoia»).
Se poi apriamo il collegamento su “Primary Perception” e andiamo a leggere, troveremo che: «L'idea non è accettata dalla comunità scientifica, poiché le piante mancano di sistemi nervosi». Poco più sotto, tuttavia, alla voce “Early Research” (Ricerche iniziali), sono riportate testimonianze che ribaltano completamente tale concetto:
Oppure non abbiamo ancora compreso a fondo nemmeno il funzionamento del nostro corpo? Ufficialmente: «Il sistema nervoso mette in comunicazione le diverse parti dell'organismo e coordina le loro funzioni volontarie e involontarie. In particolare, il cervello e il midollo spinale integrano le informazioni provenienti dagli altri organi e dall'ambiente esterno e pianificano opportune reazioni. Le diverse strutture presenti nel cervello si occupano di funzioni specifiche e nel loro insieme sono responsabili del pensiero, della memoria, del ragionamento, della capacità di comprensione, del linguaggio, dei movimenti volontari e di quelli involontari, dell'equilibrio e della postura, ma anche del respiro, del battito del cuore e della pressione del sangue, del controllo della temperatura, delle emozioni, della fame e della sete, dell'orologio biologico interno all'organismo e della rielaborazione delle informazioni percepite attraverso i cinque sensi, per esempio la vista e l'udito». 15)
Altri studi hanno stabilito che: «Biologicamente, il cuore possiede un sistema nervoso indipendente, in pratica, ha un proprio “cervello”. Almeno quarantamila neuroni del cuore sono utilizzati per comunicare con i centri cerebrali collegati alla coscienza, inclusi: l'amigdala, il talamo e la corteccia cerebrale. Il cuore non ubbidisce automaticamente ai messaggi del cervello ma, di fatto, interpreta i segnali neuronali e risponde basandosi sul corrente stato emotivo dell'individuo, applicando una sua logica ben precisa che deriva da uno stato di coscienza superiore. Focalizzando l'attenzione sul cuore, inoltre, aumenta la sincronizzazione tra il cuore stesso e il cervello il quale, a sua volta, calma il sistema nervoso e disattiva la risposta di stress. È altresì importante notare che, l'influenza del cuore sul Campo, è potenziata dalla propria attività elettromagnetica che è cinquemila volte più potente del campo elettromagnetico del cervello». 16)
L'Epigenetica ha ampiamente dimostrato e, continua a farlo, che «Le cellule del corpo umano possiedono tutte le funzioni presenti nell'intero organismo, il ché significa che ogni cellula ha il proprio sistema nervoso, digestivo, respiratorio, muscolo-scheletrico, riproduttivo e addirittura immunitario, rappresentando l'equivalente di un essere umano in miniatura». 17)
Se le cellule hanno già in se stesse un proprio sistema nervoso del tutto autonomo e indipendente, è necessario andarlo a cercare altrove? Le cellule umane, non sono le stesse che formano anche tutti gli altri corpi? Negare questa evidenza varrebbe quale negazione dell'intera evoluzione. Al più che ci sono studi universitari che confermano tale evidenza, tipo l'embriogenesi avventizia o somatica e l'androgenesi. 18) Queste, potrebbero essere novità solo per gli ignoranti, perché già più di un secolo fa lo scienziato francese Claude Bernard (1813–1878), famoso per le sue scoperte in fisiologia, dimostrò che le funzioni di tutti gli organismi viventi dipendono dagli stessi principi di base, ponendo ovviamente sullo stesso piano anche piante e animali. I fenomeni descritti da Claude Bernard più di un secolo fa, ancora non sono stati completamente compresi, o sono stati completamente ignorati. Per testare l'ipotesi che piante e animali hanno la stessa capacità di percepire gli stimoli, Claude Bernard è stato uno dei primi scienziati a eseguire l'anestesia sulle piante. Simili studi e con gli stessi risultati furono condotti da: Clemens (nel 1847), Marcet (nel 1848), LeClerc (nel 1853), Pfeffer (nel 1873), Charles Darwin (nel 1875), Elfving (nel 1886), Haberlandt (nel 1890) e Francis Darwin (nel 1905). Gli esperimenti pionieristici di Claude Bernard furono i primi a confermare che le piante sessili hanno sistemi sensoriali simili a quelli degli animali. 19) Nelle piante, le cellule eccitabili sono molto abbondanti e sensibili, specialmente nell'apice della radice, dove una regione specifica (“zona oscillatoria”) è stata identificata come una sorta di “centro di comando” che mostra un'intensa attività oscillatoria coordinata. 20) A ulteriore supporto di quanto suddetto a proposito dell'uniformità cellulare, si rammenta: «l’esperimento fatto in Svizzera da alcuni ricercatori a metà degli anni ’70, laddove fu fecondato un ovulo di carota con seme umano. Il risultato fu la nascita di una forma di vita intermedia che, per l’orrore, si disse fosse stata distrutta dopo tre mesi». 21)
Solo profonda ignoranza, stupidità e demagogia, allora…. non c’è vera alfabetizzazione di massa, ma, secondo Luciano Canfora, soltanto un “basso e torvo livello culturale e un generale ottundimento della capacità critica“. E, purtroppo, c'è anche da concordare sul fatto che: «il mondo è pieno di esperti idioti (Umberto Eco)» 22)
In buona sostanza, l'esperimento fallito, condotto da tre scienziati della Cornell University (pubblicato nel 1975 su Science in un articolo intitolato: “Plant Primary Perception: Electrophysiological”) sugli effetti tra pianta e gamberetti sarebbe diventato la pietra miliare del rifiuto scientifico delle affermazioni di Backster, nonostante Backster stesso abbia a suo tempo rilevato che gli sperimentatori non sono riusciti a seguire le corrette procedure di automazione, con il risultato che il loro non era un vero tentativo di replica. (Ciò perché qualsiasi organismo vivente possiede un carico ionizzato, che inevitabilmente si sposta da una cellula all’altra al verificarsi di un qualsivoglia tipo di sollecitazioni, generando elettricità. Dipende dunque unicamente dallo scienziato, riuscire a trovare il modo giusto di causare tali eventi, attribuendogli il ruolo di un’avvenuta comunicazione. 23))
A questo punto, prima di sentire un testimone d'eccezione: lo stesso Cleve Backster intervistato dal già citato Derrick Jensen, preme porre in evidenza un esperimento in particolare, forse sottovalutato da molti (magari anche dallo stesso Backster) e riportato su “The Secret Life of Plants”. 24) «Un fatto accidentale portò Backster in un altro campo di ricerche. Una sera, mentre si accingeva a dare un uovo fresco al suo cane, notò che, rompendo l'uovo, una delle sue piante collegate al poligrafo reagì con energia. La sera successiva osservò il ripetersi del fatto. Incuriosito, collegò l'uovo al galvanometro per vedere quali sensazioni producesse, e ancora una volta ripiombò nelle ricerche. Per nove ore Backster ottenne grafici attivi prodotti dall'uovo, e corrispondenti al ritmo del battito cardiaco dell'embrione di pulcino. Eppure l'uovo era stato acquistato alla vicina salumeria e non era stato fecondato. Poi, rotto e dissezionato l'uovo, egli scoprì con stupore che non conteneva nessun sistema fisico circolatorio che giustificasse le pulsazioni. Era evidente che egli aveva intercettato un campo di energia di un genere non convenzionalmente compreso nell'attuale complesso di nozioni scientifiche… [questo fatto] diede la stura a profonde implicazioni sull'origine della vita che avrebbero potuto formare da sole l'argomento di un intero libro».
Siamo abbastanza concordi nel ritenere che questo risultato in particolare, rispetto a tutti gli altri conseguiti, provati o non comprovati, abbia contribuito a eclissare volutamente e, con ogni mezzo, le ricerche di Backster. Sicuramente quelle ”profonde implicazioni sull'origine della vita“, se non sono state comprese in tutta la loro profondità dalla maggior parte del pubblico, devono avere fatto tremare molti “benpensanti”…
Quello che segue è un estratto dell'intervista di Derrick Jensen a Cleve Backster, fatta nel 1996, tratto dal terzo capitolo del libro ”The Myth of Human Supremacy“ 25)
«Le piante non m'interessavano particolar¬mente, ma c’era una svendita nel negozio di fiori al piano terra del palazzo, e la segretaria comprò un paio di piante per l’ufficio: un ficus elastica, e poi questa dracena, il cosiddetto tronchetto della felicità. Le avevo innaffiate fino a saturazione – mettendole sotto il rubi¬netto finché l’acqua non scorreva dal fondo dei vasi – ed ero curioso di vedere quanto ci avrebbe messo l’umidità a raggiungere l’apice. M'interessava soprattutto la drace¬na, perché l’acqua doveva risalire per tutta la lunghezza del fusto e poi raggiungere le estremità delle foglie lunghe. Pensavo che mettendo il rilevatore per la risposta galva¬nica cutanea del poligrafo sull’estremità di una foglia, sulla carta si sarebbe registrato un calo di resistenza quando l’umidità fosse arrivata in mezzo agli elettrodi… Notai sul grafico qualcosa che assomigliava alla rispo¬sta umana che si rileva con il poligrafo: de¬cisamente non quello che mi aspettavo per dell’acqua che entra in una foglia.
La macchina della verità funziona secondo il principio che quando le persone percepiscono una minaccia al proprio benessere, hanno una risposta fisiologica prevedibile. Quando si usa il poligrafo durante un’indagine per omi¬cidio, si potrebbe chiedere al sospetto: “Sei stato tu a sparare il colpo fatale?”, eccetera. Se la risposta vera fosse “Sì”, il sospetto avrebbe paura di essere sco¬perto a mentire, e gli elettrodi sulla sua pelle capterebbero la risposta fisiologi¬ca a tale timore. Iniziai, quindi, a pensare a come pote¬vo minacciare il benessere della pianta. Per prima cosa provai a intingere una foglia vicina in una tazza di caffè caldo. La pianta diede un vago segno, che oggi interpreto come noia: la linea sul grafico continuava a tendere sempli¬cemente verso il basso. Poi, quando il grafico segnava 13 minuti e 55 secon¬di, mi venne in mente di bruciare la foglia. Non lo dissi ad alta voce, non toccai la pianta, non toccai il macchi¬nario. Eppure la pianta impazzì. La penna schizzò rapidamente in cima al grafico. L’unico elemento nuovo cui la pianta poteva aver reagito era la mia immagine mentale.
Andai nell’ufficio a fianco a prendere dei fiammiferi dalla scrivania della mia segretaria. Ne accesi uno e lo passai con estrema leggerezza su una foglia vicina. Mi accorsi, però, che stavo già assistendo a una reazione talmente estrema che non avrei potuto notare un qualsiasi incremento. Allora tentai con un approccio diverso: Rimossi la minaccia riportando i fiammiferi nella scrivania della mia segretaria. La pianta si calmò immediatamente.
Compresi subito che stava succeden¬do qualcosa d'importante. Non mi veniva in mente nessuna spiegazione scientifica convenzionale. Non c’era nessun altro nei laboratori, ed io non stavo facendo nulla che avrebbe potu¬to provocare un innesco meccanicistico. Da quella frazione di secondo, la mia consapevolezza non è più stata la stessa. Tutta la mia vita da quel mo¬mento era votata alla ricerca su questo fenomeno».
Cleve denominò l’azione della pianta percezione primaria. Scoprì che non sono solo le piante a esserne capaci.
«Ho osservato con sorpresa le capacità di percezione fino al livello dei batteri. Un campione di yogurt, per esempio, si accorge di quando un altro è nutrito. È come se dicesse: “A lui danno il cibo”. “Dov’è il mio?” Il fenome¬no accade con un buon grado di ripe¬tibilità. O se prendiamo due campioni di yogurt, ne colleghiamo uno agli elettrodi e facciamo cadere nell’altro degli antibiotici, lo yogurt con gli elettrodi mostra una reazione intensa alla morte dell’altro. E non è neppure necessario che si tratti di batteri dello stesso tipo. Il primo gatto siamese che io abbia mai avuto mangiava soltanto pollo. Tenevo un pollo cotto nel frigorife¬ro del laboratorio, e ogni giorno ne staccavo un pezzo per darlo al gatto. Quando ormai il pollo stava per finire, la carcassa era in frigo da giorni e si era già avviata una proliferazione batterica. Un giorno avevo dello yogurt collegato al macchinario, e quando tirai fuori dal frigo il pollo per iniziare a staccare pez¬zi di carne, lo yogurt reagì. Allora misi il pollo sotto una lampada a infrarossi per portarlo a temperatura ambiente, e il calore che colpiva i batteri creava rea¬zioni ancor più intense nello yogurt».
Gli chiesi come faceva a sapere che non era lui a influenzarlo.
«All’epoca non mi resi conto della re¬azione. C’erano minuscoli interruttori in tutto il laboratorio, e ogni volta che eseguivo un’azione, premevo un interruttore, che innescava a distanza la scrittura di un tratto su un grafico. Solo in seguito confrontai la reazione dello yogurt con quello che era succes¬so nel laboratorio».
Lo yogurt reagì ancora quando il gatto iniziò a mangiare?
«Questo è interessante: a quanto pare i batteri hanno un meccanismo di difesa tale per cui in situazioni di pericolo estremo vanno in uno stato simile allo choc. È come se svenissero. Questo succede anche a molte piante. Se le di¬sturbi abbastanza, il loro grafico diven¬ta piatto. Apparentemente è quello che accadde ai batteri, perché non appena giunsero nel tratto digestivo del gatto, il segnale sparì. Da quel momento in poi, il tracciato era piatto».
Cleve proseguì:
«Una volta mi trovavo in aereo, e avevo con me un piccolo rilevatore di rea¬zioni galvaniche a batteria. Appena gli assistenti di volo iniziarono a servire il pranzo, tirai fuori il rilevatore e dissi all’uomo che avevo di fianco: “Vuole vedere una cosa interessante?” Misi una foglia di lattuga tra gli elettrodi, e quando la gente iniziò a mangiare l’in¬salata rilevammo una reattività, che si interruppe quando le foglie entrarono in choc. “Aspetti che vengano a ripren¬dere i vassoi”, dissi, “e guardi cosa suc¬cede”. Quando gli assistenti di volo ci tolsero i vassoi, la lattuga riacquistò la sua reattività. Io ero seduto in un posto che dava sul corridoio, e mi ricordo ancora di quel passeggero intrappolato vicino al finestrino che non poteva sfuggire allo scienziato pazzo che col¬legava un apparecchio elettronico alle foglie di lattuga. Il punto è che la lattuga era andata in uno stato protettivo per non soffrire. Quando il pericolo era terminato, la reattività riprese.
Questa interruzione elettrica a livello cellulare è legata, credo, allo stato di choc in cui cadono anche gli esseri umani quando vivono un trauma estremo».
Piante, batteri, foglie di lattuga…
«Uova. Quando abitavo a New York avevo un Dobermann pinscher a cui davo da mangiare ogni giorno un uovo. Un giorno avevo collegato una pianta a un grande rilevatore di reazioni galvaniche, e quando ruppi l’uovo, il rilevatore impazzì. Da quel momento passai cen¬tinaia di ore a monitorare le uova. Fe¬condate o no, non importava; è sempre una cellula vivente, e le piante percepi¬scono quando s'interrompe la continu¬ità. Anche le uova possiedono lo stesso meccanismo di difesa. Se le minacci, il tracciato diventa piatto. Se aspetti circa 20 minuti, tornano a reagire.
Dopo aver lavorato con piante, batteri e uova, ho iniziato a chiedermi come avrebbero reagito gli animali. Ma non potevo tenere fermo un gatto o un cane abbastanza a lungo da ottenere un monitoraggio efficace. Allora pensai di provare con gli spermatozoi umani, che sono in grado di soprav¬vivere al di fuori del corpo per lunghi periodi, e sono certamente abbastanza facili da ottenere. Mi feci dare un campione da un donatore, e lo misi in una provetta con gli elettrodi, poi feci allontanare il donatore dallo sperma, diverse stanze più in là. Il do¬natore inalò del nitrito di amile, che fa dilatare i vasi sanguigni ed è usato con¬venzionalmente per arrestare un ictus. La sola azione di sbriciolare il nitrito di amile causò una reazione notevole nello sperma, e quando il donatore lo inalò, lo sperma impazzì.
Eccomi, dunque, a osservare organismi unicellulari dell’essere umano – gli sper¬matozoi – che rispondono alle sensazio¬ni del donatore, anche se non si trovano più nello stesso ambiente del donatore. Non mi era possibile, però, continuare questa ricerca. Sarebbe stato scientifica¬mente corretto, ma politicamente stu¬pido. Gli scettici zelanti senza dubbio non avrebbero perso occasione di ridi¬colizzarmi, chiedendomi dove andavo a masturbarmi e cose del genere.
Poi conobbi un ricercatore dentale che aveva perfezionato un metodo per raccogliere i globuli bianchi della bocca. Era politicamente fattibile, semplice da realizzare e non serviva supervisione medica. Iniziai a fare delle riprese degli esperimenti, con il video suddiviso in modo da mostrare la let¬tura del grafico insieme alle immagini delle attività dei donatori.
Prelevammo i campioni di globuli bianchi, poi mandammo a casa i do¬natori a guardare un programma tele¬visivo selezionato preventivamente per la probabilità di suscitare una risposta emotiva, per esempio a un reduce di Pearl Harbor chiedemmo di guardare un documentario sugli attacchi aerei giapponesi. Scoprimmo che le cellule prelevate dal corpo continuano a reagi¬re alle emozioni della persona, anche se questa si trova a miglia di distanza.
La maggior distanza che abbiamo te¬stato è di circa 300 miglia. L’astronauta Brian O’Leary, autore di Exploring Inner and Outer Space, lasciò i suoi globuli bianchi qui a San Diego, e poi prese un aereo per tornare a casa, a Phoenix. Durante il viaggio, tenne un diario accurato di tutti gli eventi che l'inner¬vosirono. La correlazione c’era sempre, anche a una distanza così grande».
Le implicazioni di tutto questo… Cleve m'interruppe, ridendo… Disse:
«… Sì, sono pazzesche. Ho cassetti pieni di fascicoli con dati aneddotici che, un esperimento dopo l’altro, descrivevano come batteri, piante e tutto il resto erano in fantastica armonia tra loro. E anche le cellule umane hanno questa capacità di percezione primaria, ma in qualche modo è andata perduta a livel¬lo cosciente».
Chiesi a Cleve com'era stato accolto il suo lavoro dalla comunità scientifica.
«Con l’eccezione degli scienziati più di nicchia, come Rupert Sheldrake, fu accolto dapprima con derisione, poi con ostilità, e adesso per lo più con il silenzio.
All’inizio chiamarono la percezione giurandosi di riuscire a banalizzare le osservazioni usando il nome di questo pazzoide che credeva di vedere cose, ignote alla scienza convenzionale. Il nome rimase ma, poiché la perce¬zione primaria non si può confutare facilmente, non è più un termine di¬spregiativo».
Allora gli chiesi qual è la principale critica da parte degli scienziati main¬stream.
«Il grosso problema – e questo è un problema che riguarda la ricerca in ge¬nerale – è la ripetibilità. Tutti gli eventi che ho osservato sono stati spontanei. Devono esserlo. Se li pianifichi in anti¬cipo, li hai già cambiati. Si riduce tutto a questo: la ripetibilità e la spontaneità non vanno di pari passo, e finché i membri della comunità scientifica daranno così tanta enfasi alla ripetibi¬lità nella metodologia scientifica, non arriveranno molto lontano nella ricerca sulla coscienza.
Non è importante solo la spontaneità, ma anche le intenzioni. Non si può fare finta. Se dici che brucerai una pianta ma non lo pensi veramente, non succederà nulla. Sento continuamente persone di diverse parti della nazione che vogliono sapere come provocare le reazioni nelle piante. Io dico loro: “Non fare nulla di speciale. Occupati del tuo lavoro; prendi appunti, così in seguito potrai ricordare cosa stavi fa¬cendo in un momento specifico, e poi confrontali con le letture del tracciato. Ma non pianificare nulla, altrimenti l’esperimento non funzionerà”.
Spesso, le persone che fanno così ot¬tengono reazioni equivalenti alle mie, e a volte vincono il primo premio alle fiere scientifiche. Ma, quando poi van¬no a un corso base di biologia all’uni-versità, si sentono dire che ciò che han¬no sperimentato non significa nulla.
Alcuni scienziati hanno tentato di re¬plicare i miei esperimenti… ma in tutti i casi, la metodologia era inadeguata… È davvero facilissimo fallire… E siamo onesti: alcuni degli scienziati erano contenti di fallire, perché il successo avrebbe significato andare contro il corpus della conoscenza scientifica».
Io gli dissi che per gli scienziati rinun¬ciare alla prevedibilità significa rinun¬ciare al controllo, ovvero rinunciare alla cultura occidentale, e questo non succe¬derà finché la civiltà non crollerà sotto il peso dei suoi stessi eccessi ecologici.
Cleve annuì, e poi disse:
«Ho smesso di contestare gli altri scien¬ziati su quest'argomento perché so che, anche se l’esperimento fallisce, co¬munque vedono delle cose che cambiano la loro coscienza. Gente che 20 anni fa non mi avrebbe detto niente, adesso viene a dirmi: “Ora posso confessarti senza timori che mi hai davvero cam¬biato la vita con il tuo lavoro degli anni Settanta”. Questi scienziati allora non sentivano di potersi permettere di fare scalpore: avrebbero perso attendibilità, e quindi anche le loro borse di studio».
Gli chiesi se ci fossero spiegazioni al¬ternative per le letture del poligrafo. Avevo letto che secondo qualcuno nel suo macchinario ci doveva essere un filo fuori posto.
Cleve rispose:
«In 31 anni di ricerche li ho trovati tutti, i fili fuori posto. No, non vedo nessuna soluzione meccanicistica. Certi parapsicologi credono che io sia un maestro dell’arte della psicocine¬si: che sia io a muovere la penna con la mente… non sarebbe male come trucco. Ma, trascurano che ho automatizzato e randomizzato molti degli esperimenti al punto da non sa¬pere neppure io cosa sarebbe successo se non dopo, quando studiavo i grafici risultanti e le videocassette. Non sono davvero più rimaste spiegazioni convenzionali.
Una di queste spiegazioni, proposta su Harper’s, era l’elettricità statica: se ti muovi molto per la stanza e poi tocchi la pianta, ottieni una reazione. Ma naturalmente io tocco di rado le piante durante i periodi di osservazio¬ne, e in ogni caso la reazione sarebbe del tutto diversa».
Che cos’è, quindi, il segnale captato dalla pianta?
«Non lo so. Non credo che il segnale, qualunque cosa sia, si dissipi con la distanza, che è quello che succederebbe se avessimo di fronte un fenomeno elettromagnetico. Di solito collegavo la pianta all’apparecchio, poi uscivo a fare una passeggiata tenendo in tasca un timer impostato su un tempo casuale. Quando il timer suonava, tornavo indietro. La pianta reagiva sempre nel momento in cui mi giravo per tornare indietro, indipendentemente dalla di¬stanza. E il segnale da Phoenix era for¬te esattamente come se Brian O’Leary fosse stato nella stanza di fianco.
Ho anche cercato di schermare il segnale usando contenitori rivestiti di piombo e altri materiali, ma non è stato possibile. Questo mi fa pensare che il segnale in realtà non vada da qui a lì, ma piuttosto si manifesti in luoghi diversi. Tutto ciò, naturalmen¬te, ci porta nel territorio del metafisico, dello spirituale».
Dissi che la percezione primaria sug¬geriva una ridefinizione radicale della coscienza.
«Vuoi dire che ci sbarazzeremmo della nozione di coscienza come qualcosa di esclusivo appannaggio degli esseri umani?».
Esitò un momento, poi continuò:
«La scienza occidentale dà troppa importanza al ruolo del cervello nella coscienza. Sono stati scritti interi libri sulla coscienza dell’atomo. La coscien¬za potrebbe esistere su un piano total¬mente diverso».
Chiesi a Cleve se avesse mai lavorato con materiali che normalmente sareb¬bero considerati inanimati.
«Ho fatto a pezzettini alcuni oggetti e li ho messi in sospensione nell’agar. Ho ottenuto dei segnali elettrici, ma non necessariamente relativi a qualcosa che succedeva nell’ambiente. Era un pattern elettrico troppo grezzo che non ero in grado di decifrare. Sospetto, però, che la coscienza vada molto, molto più in là.
Nel 1987 partecipai a un programma dell’Università del Missouri che com¬prendeva una conferenza del Dott. Si¬dney Fox, che a quei tempi era legato all’Istituto di evoluzione molecolare e cellulare dell’Università di Miami. Fox aveva registrato dei segnali elettrici da un materiale proteico che mostrava proprietà sorprendentemente simili a quelle delle cellule viventi. La semplicità del materiale usato e, la capacità di auto-organizzarsi che presentava, mi suggerirono che la biocomunicazione doveva essere presente già negli stati più primitivi dell’evoluzione della vita sul pianeta.
«Naturalmente l’ipotesi Gaia – l’idea che la Terra sia un grande organismo che si mantiene funzionante grazie ai numerosi meccanismi di feedback che avvengono al suo interno – si accorda bene con questa idea. Io non credo che sarebbe esagerato portare l’ipotesi ancora più in là e presumere che il pia¬neta stesso sia intelligente».
Chiesi a Cleve com'era stato accolto il suo lavoro in altre parti del mondo.
«I russi e altri europei dell’est sono sempre stati molto interessati. E ogni volta che incontro scienziati indiani – buddisti o induisti – e parliamo di ciò che faccio, anziché criticarmi mi dico¬no: “Perché ci hai messo così tanto?” Il mio lavoro s'incastra molto bene con molti dei concetti espressi nell’indui¬smo e nel buddismo».
Perché ci stiamo mettendo così tanto?
«La paura è che, se le mie osservazioni sono accurate, molte delle teorie su cui abbiamo basato la nostra vita devono essere completamente riformulate. So che ci sono biologi che dicono: “Se Backster ha ragione, siamo nei guai”. Bisogna possedere un certo tipo di ca¬rattere e personalità anche solo per ten¬tare di mettere in dubbio dei concetti così fondamentali.
La comunità scientifica occidentale (e, in effetti, tutti noi) si trova in difficoltà perché per mantenere il nostro modo di vivere attuale dobbiamo ignorare un’immensa quantità di informazioni. E si raccolgono continuamente infor¬mazioni nuove.
Per esempio, hai mai sentito parlare del lavoro di Rupert Sheldrake con i cani? Mise una telecamera con timer sia sul cane a casa sia sul padrone al lavoro. Aveva scoperto che anche se il padrone tornava a casa a un’ora diversa ogni giorno, nel momento in cui il pa¬drone usciva dal lavoro, il cane a casa andava vicino alla porta.
Persino gli scienziati tradizionali non sanno che pesci pigliare con questo fenomeno della biocomunicazione. Sembra impossibile che, nonostante le raffinate strumentazioni moderne, continuiamo a non capire quest'ar¬monia fondamentale tra le cose viventi. Ma non potremo fingere all’infinito che sia solo colpa di un “filo fuori posto”. Non possiamo negare per sempre qualcosa che chiaramente esiste».
Queste riflessioni sono tutte imperniate su Wikipedia, perché distorcere le informazioni, dolosamente o per ignoranza, non danneggia solo il diretto interessato e ciò che ha prodotto, ma l'intera comunità che così non può avvantaggiarsene. Intere civiltà sono scomparse, perché, a suo tempo, si è preferito perseguire solo l'interesse di pochi…
Sulla Pagina 26) della versione in Tedesco di Wikipedia, alla voce: “Wir erwarten nicht, dass du uns völlig vertraust” è detto: «È nella natura di un'opera in continua evoluzione come Wikipedia che alcuni articoli abbiano le più alte qualità scientifiche (riferimento alle voci in Vetrina che al 13 settembre 2019 rappresentavano lo 0,10% di tutto il contenuto), mentre altri (il restante 99,90%) sono certamente completa spazzatura27)». 28)
La stessa cosa è ripetuta in:
Spagnolo alla voce: ” No te pedimos que te fíes de nosotros“. «È nella natura stessa di un lavoro costantemente aggiornato, come Wikipedia, che mentre alcune voci raggiungono la massima qualità accademica, altre sono - e lo ammettiamo senza troppi sforzi - semplicemente spazzatura. Ne siamo pienamente consapevoli». 29) 30)
Francese alla voce: “Nous ne nous attendons pas à ce que vous nous fassiez confiance”. «Per un progetto in movimento permanente come Wikipedia, è inevitabile: mentre alcuni articoli sono di ottima qualità, altri, lo sappiamo bene, non valgono la pena». 31)
Inglese alla voce: “We do not expect you to trust us”. «È nella natura di una collaborazione aperta e di lavori in corso come Wikipedia che la qualità possa variare nel tempo e da articolo a articolo. Mentre alcuni articoli sono della più alta qualità, da borsa di studio, altri sono certamente completa spazzatura. Inoltre, poiché Wikipedia può essere modificata da chiunque in qualsiasi momento, gli articoli possono essere soggetti a errori, incluso il vandalismo, quindi Wikipedia non è una fonte affidabile». 32) 33)
Italiano alla voce: “Non ti chiediamo di fidarti di noi”. «È nella natura stessa di un lavoro in aggiornamento costante che, mentre alcune voci raggiungono la più elevata qualità accademica, altre siano prossime alla spazzatura. Siamo pienamente consapevoli di questo». 34)
Vediamo allora a quanto ammonta la “completa spazzatura” in qualche altra versione di Wikipedia che, in ogni caso, rende complessivamente milioni di dollari:
Ora tirate le somme e decidete cosa fare in futuro… e se non ci riuscite, c'è sempre Wikipediocracy che può darvi una mano: «Esistiamo per illuminare la luce del controllo nelle oscure fessure di Wikipedia e dei suoi progetti correlati; esaminare la corruzione lì, insieme ai suoi difetti strutturali; e per inoculare il pubblico ignaro contro il torrente di disinformazione, diffamazione e assurdità generale che proviene da uno dei siti web più visitati al mondo, “l'enciclopedia che chiunque può modificare”».
L'Editore di Extrapedia